Edita PUCINSKAITE

 

 

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  Edita PUCINSKAITE, ex-ciclista della Lituania, l’unica ad aver vinto Giro d’ Italia (2006-2007),Tour de France (1998) e campionato del mondo su strada  (Verona 1999)

 

 

 

 

 

Edita ieri e oggi

 

 Con la maglia della nazionale lituana, con quella iridata e relativa medaglia d’ oro inquadrate e tenute sotto vetro. Per le sue imprese sulle due ruote, anche la “nostra” è da … tenere sotto vetro !

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 

” GIRO ” 2016: Nibali o K R U I J S W I J K ?

 

” GIRO ” 2016:  si  scrive   Nibali

 

ma  si  legge  K R U I J S W I J K   ! ! !

 

 

 

Questa è la M I A classifica finale del Giro 2016 :
 1. KRUIJSWIJK 2. CHAVES 3. VALVERDE 4. ASTANA (soprattutto Scarponi, Fuglsang, Kangert e – massì ! – Nibali ). Partenza 19a tappa, Pinerolo-Risoul : in classifica, il “tulipano” precede Nibali di 4’43”; dopo lo scollinamento del Colle dell’Agnello l’olandese cade : acciacchi vari e frattura di una costola, che ne compromettono in maniera irrimediabile quello che al 99% sarebbe stato un happy end; Nibali vince con 4’54” su di lui, Chaves passa in testa alla classifica. 20a tappa: a S. Anna di Vinadio vince Rein Taaramäe, Nibali a 6’44” (e maglia rosa), Valverde a 6’57”, Kruijswijk a 8’13”, Chaves a 8’20”. Si chiude a Torino con questa classifica “ufficiale”: 1° Nibali, 2° Chaves a 52″, 3° Valverde a 1’17”, 4° Kruijswijk a 1’50”, ma non c’è dubbio veruno che anche stavolta il  “vincitore morale”  è proprio lui. Ecco una sequenza di immagini molto significative, una sorta di ‘Odissea’ del nederlandese, il quale tra l’altro – e con tutto il rispetto per i suoi compagni della Lotto NL Jumbo – in pratica non aveva quasi squadra.

 

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” Bravo Steven ! Sei il più forte ! “

 

( Fotografia di Enzo RIVELLA )

 

 

 

 

Per completare il discorso, suggerisco di rivedere su YOUTUBE la durissima 16a tappa del Giro 2015: sulle rampe del Mortirolo sembra che Kruijswijk pedali… in pianura ! Una alla volta, miete un sacco di vittime, Fabio Aru compreso: ‘sopravvivono’ alle sue micidiali sferzate solo Contador e Landa, che gli danno pochissimi cambi; ad Aprica vince Landa, ma Contador (che è Contador!) afferma che il “vincitore morale” di quell’epica giornata è Kruijswijk: un tipo di vittoria che purtroppo ha avuto un seguito al Giro di quest’anno. E chiudiamo con Dante Alighieri: “Parole non ci appulcro ” (Inf. VII, 6O) significa che le fotografie non hanno bisogno di essere impreziosite con espressioni di plauso e di ammirazione, poiché parlano da sole.
 Tot ziens ! (=Arrivederci! ), grande Steven !

 


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Andrey AMADOR

 

 

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   Ecco Andrey AMADOR Bikkazakova, nato in Costa Rica nel 1986 (il secondo cognome è quello della madre, di origine russa). Professionista dal 2009, è stato 4° al ‘Giro’ 2015 dietro Contador, Aru e Landa; validissima spalla di Valverde, quest’anno ha indossato la maglia rosa nella tappa friulana Palmanova-Cividale (e in Costa Rica è stata festa nazionale!) concludendo 8° a 13’21” da Nibali. Ai mondiali 2015 di Richmond (USA) ha conquistato con la Movistar un pregevole 3° posto nella cronometro a squadre

 
 

( Fotografia di Enzo  RIVELLA )

 
 
 
 

ANGELO e STEFANO MARELLO

 

 

ANGELO   e   STEFANO   M A R E L L O :

 

calcio e ciclismo, Langa e Pavese

 

Angelo e Stefano Marello

 

Una tavolata che vede giulivamente radunati ANGELO MARELLO e un gruppo di cari amici: ne ricordo solo qualcuno, con predilezione per gli ex-corridori ciclisti Italo Zilioli (2° da sinistra), Nino Defilippis (2° seduto a destra) e Franco Balmamion (1° seduto a destra), oltre allo chansonnier Gipo Farassino (1° in piedi a destra, col braccio sulla spalla di Angelo). Appassionato di calcio (soprattutto del ” Torino” di… ieri: Claudio Sala, Zaccarelli, Fossati, Crippa, Cereser, Rampanti, Vieri, Ferrini e tanti tanti altri), ma appassionatissimo di ciclismo, ANGELO merita un quadro a tutto tondo, che un giorno gli dedicherò.

 

Stefano Marello

 

Per intanto ricordo suo fratello STEFANO
 
(Vesime d’Asti 1927 – Torino 2004)

 

Stefano quanto ?            Stefano quando ?
 Stefano tanto                        Stefano ora
 Stefano tutto                   Stefano ancora
 Stefano sempre

 

Stefano terra                   Stefano dove ?
 Stefano vigna                         Stefano qui
 Stefano Langa                      Stefano ciao !

 

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 Vitis Sancti Stephani Ad Belbum Vita
 ” La vite di Santo Stefano Belbo (è) vita “

 

La famiglia Marello ha vissuto alcuni anni a Santo Stefano Belbo, centro langarolo dove sono nati Angelo e Cesare PAVESE (1908 – Torino 1950). Uno dei più cari amici dello scrittore, forse il più caro, era il compaesano Pinolo SCAGLIONE (il “Nuto” della Luna e i falò): ho avuto il grande piacere di incontrarlo alcune volte e abbiamo parlato quasi solo di “Pavèis“, del quale condivido soprattutto la passione per la cultura classica greco-latina e l’amore… folle per la campagna (“Rimuginavo che non c’era niente di più bello di una vigna ben zappata, ben legata, con le foglie giuste e quell’odore della terra cotta dal sole d’agosto . . . Io sono scemo, dicevo, da vent’anni me ne sto via e questi paesi mi aspettano. Mi ricordai la delusione ch’era stata camminare la prima volta per le strade di Genova – ci camminavo nel mezzo e cercavo un po’ d’erba . . . un canneto, un odor di fascina, un pezzo di vigna, dov’erano?” – “I grilli e le cicale mi cantavano nel sangue, davano voce all’estate, vivevano” – “Ogni parola che sa di campagna mi tocca e mi scuote”: proprio come succede al sottoscritto).

 

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Conservo come una reliquia la fotografia che ritrae Pinolo con il suo leggendario clarino. Il nome di “Nuto” costella in lungo e in largo La luna e i falò (1950), l’ultimo libro di Pavese. Ecco due paragrafi del II capitolo:
 “Nuto il falegname del Salto, il mio complice delle prime fughe a Canelli, aveva poi per dieci anni suonato il clarino su tutte le feste, su tutti i balli della vallata. Per lui il mondo era stato una festa continua di dieci anni, sapeva tutti i bevitori, i saltimbanchi, le allegrie dei paesi.
 Da un anno tutte le volte che faccio una scappata passo a trovarlo. La sua casa è a mezza costa sul Salto, dà sul libero stradone; c’è un odore di legno fresco, di fiori e di trucioli che, nei primi tempi della Mora, a me che venivo da un casotto e da un’aia sembrava un altro mondo: era l’odore della strada, dei musicanti, delle ville di Canelli dove non ero mai stato”.

 


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Italo ZILIOLI

 

I T A L O    Z I L I O L I :

 

” ¡ V a y a  c o n  D i o s ! “

 
 

23 maggio 1966: velodromo Olimpico di ROMA, 6a tappa del Giro d’Italia, vinta da Raffaele MARCOLI – compagno di squadra di Zilioli – che purtroppo sarebbe deceduto il 29 agosto a seguito di un incidente automobilistico. Italo è vicino
 a don BRUNO GONELLA (fratello di Armando), anche lui “patito” di ciclismo; trattandosi di un tifoso-sacerdote, non sarà certo mancata una speciale benedizione per un buon proseguimento e una buona conclusione della corsa rosa:
 a Milano sarà , a 3″57″ da Gianni Motta

 

 

Italo ZILIOLI è nato a Torino il 23 settembre 1941. Questo il suo curriculum: a settembre del ’58 l’ esordio da allievo con i colori della torinese Gios (ai quali è rimasto fedele fino al passaggio tra i professionisti) con una dozzina di successi, fra cui il campionato italiano ’59 a Sanremo, poi dilettante dal ’60 al settembre ’62, con una ventina di vittorie, tra cui numerose ‘chicche’ , eccellente preludio al grande salto. L’ anno seguente si assiste alla sua… deflagrazione, a quella che con terminologia musicale possiamo definire “Ouverture in Zilioli maggiore” ; infatti il neofita ventiduenne inanella Tre Valli Varesine, poi i giri dell’Appennino, del Veneto e dell’Emilia: quattro prove di alto lignaggio e quattro vittorie consecutive una più bella dell’ altra, che danno l’ abbrivo ad entusiasmo ed euforia generale, accendendo umori, anche sanguigni, fra i tecnici e gli appassionati. Forte in salita, discesista da… brivido, in un mese e mezzo l’Italo ha fatto vedere all’italica tifoseria di che pasta è fatto: di prima qualità, senza dubbio. Sulla stampa, i titoli diventano titoloni, aggettivi e raffronti si sprecano, tanti, tantissimi cominciano a credere che… a sperare che… a sognare che…

 
 

Con 54 vittorie da professionista (Carpano, Sanson, Salvarani, Filotex, Faemino, Ferretti, ancora Salvarani, Dreherforte, Magniflex e Furzi-Vibor), quasi tutte per distacco, il buon Italo ha ‘staccato’ nel 1976. Tra le perle della sua ricca collana, un cospicuo numero di gare italiane in linea: Coppa Sabatini, Coppa Agostoni, Gran Premio Industria e Commercio, Trofeo Laigueglia, Coppa Placci e Gran Premio di Montelupo, i Giri di Appennino e Veneto (entrambi per due volte), Campania, Marche e Piemonte; tra le gare a tappe nazionali la Tirreno-Adriatico mentre fuori dai confini spiccano Campionato di Zurigo e Settimana Catalana a tappe. Un record unico al Giro d’ Italia, cioè  tre volte consecutive: ’64 a 1’22” da Anquetil, ’65 a 11’26” da Adorni, ’66 a 3’57” da Motta; e poi  nel ’69 a 4’48” da Gimondi e  nel ’68 a 9’17” da Merckx, per complessive 5 vittorie di tappa. Tre esperienze al Tour, portato a termine solo nel 1970: 13° a 26’17” da Merckx compagno di squadra nella Faemino, quattro giorni maillot jaune (sotto a sinistra)mentre il  ‘rosa’ del Giro gli si è sempre negato; completano il quadro il 5° e 6° posto ai campionati del mondo (’64-’65)
 nonché un secondo e tre terzi posti in quello italiano

 
 

La pasta di qualità di cui detto sopra non è lievitata – come era lecito, doveroso, diciamo pure obbligatorio sperare o credere – visti gli exploits che avevano proiettato Italo alla ribalta come autentica primadonna del pedale. Le grandi aspettative, le grandi speranze, le grandi inevitabili illusioni tinte di rosa (Giro  d’ Italia: viene da pensare alla Vie en rose, la famosa canzone di Edith Piaf…) e magari di giallo (Tour de France) si sono via via tramutate in un grigio perla che in molti ha destato sconcerto e disappunto: ma tant’ è. Quali i motivi? Se ne è scritto tanto tantissimo, da tanti da tantissimi, anche troppo anche a sproposito: i paragoni col principe Amleto di Danimarca – immortalato da William Shakespeare – si sprecano. La risposta più pertinente, com’ è ovvio, la conosce solo l’interessato, in qualità di “persona informata dei fatti”, il quale ha accettato la situazione con invidiabile stoicismo e imperturbabilità, con atarassia per usare un termine ricercato, che in greco si scrive ἀταραξία e si pronuncia ataraxìa. ( Parentesi personale. Italo è già nella storia del ciclismo ‘pedalato’ e con questa citazione in idioma ellenico entriamo – lui e io – nella storia del ciclismo ‘scritto’: una bella soddisfazione per entrambi ! ). Chiuso con le corse, è salito in ammiraglia: ’77-’79 ‘antipasto’ professionisti con Vibor e CBM Fast-Gaggia – Davide Boifava, Luciano Borgognoni, Roberto Visentini e ‘Miro’ Panizza (1945-2002) – poi ’80-’90 dilettanti Fiat, portando a vittorie spesso di prestigio uomini come Giovanni Fedrigo, Alberto Minetti, Piero Ghibaudo (1958-2015), Gianni Zola, Marco Lanteri, Maurizio Viotto, Domenico Cavallo, il danese Jorgen Pedersen…

 

Corridori che lo hanno particolarmente impressionato? Tra i ‘colleghi’ di ieri, su tutti Jacques ANQUETIL (sotto a sinistra) ed Eddy MERCKX: dell’ asso francese ha ammirato l’ eccezionale connubio fra eleganza di pedalata e potenza sul passo, ma anche in salita Jacquot non era certo l’ ultimo arrivato. Al campione belga (due immagini di… ieri e una di oggi) Zilioli è avvinto da un rapporto di amicizia che si è fatto sempre più stretto e saldo; lo conosce quanto basta per definirlo uomo di una generosità e di una ricchezza umana fuori dal comune, un campione anche nella vita

 

Tom SIMPSON – Mont VENTOUX

 

 

Mont Ventoux, 14 luglio 2016: vince il belga Thomas De Gendt

 

* * * Chris Froome: non ci sono parole

 

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M O N T   V E N T O U X

 

SOLE e PIETRA , OSANNA e TRAGEDIA

 

Nell’antica Grecia alcune montagne erano ritenute sacre: le due principali erano l’ Olimpo, dimora degli Dèi, e l’ Elicona, dimora delle nove Muse. Anche il ciclismo ha le sue montagne “sacre”: in terra di Provenza troneggia il massiccio del Mont Ventoux ( ‘Mont Chauve’ ), dove la religione, la musica e la poesia della bicicletta si intrecciano in mirabile simbiosi. Angeli e dèmoni costellano le pendici di questa montagna, allo stesso tempo inferno paradisiaco e paradiso infernale. La prima ascesa documentata è quella – descritta in una lettera – di Francesco PETRARCA che nell’ aprile del 1336 insieme al fratello Gherardo raggiunge tra non lievi difficoltà la vetta del “Monte Ventoso“: di fronte a un panorama mozzafiato, legge alcune pagine delle Confessioni di sant’ Agostino.

 

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13 luglio 1967: 13a tappa del Tour de France,
 Marseille-Carpentras, km. 211, 5. “Les dieux ont soif “:
 la vittima predestinata del Mont Ventoux è

 

 T O M   S I M P S O N

 

 

 

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(La sua tomba ad HARWORTH, Nottinghamshire)

 

 

 

 

Alla cara memoria di
 TOM  SIMPSON
 affettuoso marito di HELEN
 e amorevole padre di JANE e JOANNE,
 scomparso sul Mont Ventoux, in Francia,
 il 13 luglio 1967, a 29 anni di età
 mentre partecipava con la squadra britannica
 al Tour de France.
 La sofferenza fisica era grande, non aveva quasi più forza nelle gambe
 ma lui non volle  arrendersi

 

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Rimettetemi in sella

 

La storia di  TOM  SIMPSON

 

(Testimoni del suo dramma affermano di averlo sentito dire queste parole
 dopo la prima caduta sul Ventoux)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

S O   L O N G ,   T O M   !